Ravello, Villa Cimbrone: ragù a colazione e vista sull’infinito

Le Pigne Blu | C’è un gesto che ci appartiene: intingere il pane in una pentola di ragù che sobbolle lento, o meglio, che da queste parti “pippia”. Un gesto che racconta i risvegli dell’Italia ai fornelli, le cucine campane impregnate di profumi, la domenica che comincia il sabato sera. Pane e sugo: due parole semplici che aprono la porta della memoria.

A Villa Cimbrone, dimora iconica sospesa su Ravello, quel gesto si fa colazione e racconto. Da due stagioni il manager Donato Marzolla — curriculum internazionale tra Rossellinis di Palazzo Avino, Baglioni a Londra, Borgo Egnazia e tanto altro — ha voluto al buffet una pentola di ragù napoletano. Lo si vede, a volte, trattenere un sorriso quando gli ospiti si avvicinano al tegame fumante, colmano il mestolo, adagiano il sugo su una fetta di buon pane napoletano, e non resistono: un morso in piedi, prima ancora di sedersi. È la prova che la memoria, se ben servita, diventa felicità immediata.

La scelta del ragù a colazione è insieme semplice e geniale: restituisce alla tavola del mattino la forza della tradizione campana e la rende esperienza inedita, capace di sorprendere anche i viaggiatori più esigenti. Non è una presenza casuale, ma un piccolo atto scenografico e identitario: il tegame ha il suo angolo dedicato in una sala bellissima, tra maioliche luminose e tavoli antichi allestiti con gusto impeccabile. Qui ogni dettaglio parla di cura: tovaglie perfette, posate lucide, composizioni discrete. Al centro, come un cuore pulsante, la pentola del ragù attende il gesto conviviale, informale e gioioso dell’intingere il pane.

Il ragù — “’o rraù”, paziente e profondo — lo firma lo chef Lorenzo Montoro di Il Flauto di Pan, ristorante gourmet della Villa: una cucina limpida, essenziale, elegante. Attorno, il buffet racconta il territorio con misura e generosità: friselle, mozzarelle di vacca Jersey, prosciutto affettato al momento, pane burro e alici, lievitati e babà, frutta dell’orto e agrumi, marmellate, caffè macinato fresco. In terrazza, su richiesta, uova e omelette che sfiorano la perfezione.

Poi c’è la Villa, che è romanzo. Origini medievali, famiglia Fusco per secoli, una notte d’azzardo nell’Ottocento, l’arrivo del visionario Ernest William Beckett, Lord Grimthorpe, che la salva. I giardini, ridisegnati da Vita Sackville-West, sono un percorso tra statue, tempietti, uliveti, roseti: conducono alla celebre Terrazza dell’Infinito, dove il Golfo di Salerno si fa orizzonte senza cornice. Qui hanno passeggiato scrittori e divi, tra sussurri e veri gossip d’epoca: Virginia Woolf, D. H. Lawrence, Greta Garbo, Winston Churchill, e molti altri che hanno cercato riparo nella bellezza. Dal 1975 la famiglia Vuilleumier custodisce la dimora (oggi 19 camere, 6 ettari di parco, 98 dipendenti), restaurata con tenacia e senza scorciatoie.

E forse non è un caso che proprio qui, in questo scenario che Pasolini definì “luogo deputato all’estasi”, la colazione si apra con un gesto tanto semplice. Perché il pane intinto nel ragù non è solo gusto, ma simbolo di continuità: il calore della pentola che fuma, i profumi che si mescolano all’aria del mattino, l’Italia che si riconosce nella propria cucina. A Ravello, sospesi tra cielo e mare, quel gesto familiare diventa universale, e trasforma una tavola d’albergo in poesia da ricordare.

Visitabile tutto l’anno con ticket d’ingresso, Villa Cimbrone è un luogo dove l’estetica non è scenografia, ma sostanza. Persino la colazione parla la lingua del paesaggio: il “succo del buongiorno” cambia ogni giorno, il servizio sorride, l’orto orienta il gusto. E quel tegame di ragù al mattino — invenzione semplice e felice — unisce il salotto della grande hôtellerie alla cucina delle nonne.

Perché, sulla soglia dell’infinito, anche un gesto quotidiano può farsi memorabile.

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www.hotelvillacimbrone.com

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